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Prima domenica rossa
Nel mio piccolo giardino
e oltre il basso muro,
strepiti di storni sui kaki.
Il resto è silenzio di uomini,
oltre il suono delle campane.
È solitudine, non senza ristoro.
O salvezza.
Un greco
Davanti al fuoco
me ne sto accosciato,
stamattina,
come un greco.
Avvicino il mio volto
alle mani aperte
e mi raggiunge
un’intenso di linfe e affumicato,
il sentore dei mandarini sbucciati,
le mie braccia graffiate ieri
dalla raccolta dei melograni,
acquietato il mio sangue
dall’uva fragola
che mio padre ha riportato
da campagna.
Di là mia sorella
– una, la migliore
che la fortuna potesse darmi –
appresta amorevoli cure alla madre.
Poesia dell’uomo cavallo
I.
Fui figlio dell’ocra
bagliore potente
gesto su pietra
eco impazzita
Fui buio stupore
fervida corsa
tremore imprendibile
che innerva la terra
Fui ritmo del ferro
forgiato nell’ira del braccio
metallo incudine
martello sudore
Fui brace e scintilla
falena di mantice
colui che procede nel vento.
Fui lancia infallibile
carro di sangue
tempesta incessante
mosche tafàni alata locusta
Fui Saushshatar l’urrita
l’uomo ippomorfo
e il Dio
Washshukkani la grande capitale
tra i monti di Zagros
e a Sud del Van
prima del crollo
II.
Consideravo allora stelle
sparpagliate come dadi
consideravo oroscopi
interrogavo eclissi di sole
cifre oscure di morte.
Sciamane malvagie
ruminavano erbe e bestemmia.
Pure, ricordo le sere dissolte
la liquida luna nell’Eufrate
l’acqua che scorre appena nei guadi
il soffio di froge
che spazza i grani del tempo.
Donna, allora ero un vento
che osava raggiungerti
fecondarti in un sogno
come spore di pioppo.
Straccione
Te ne vai perso tra i rumori ovattati
delle strade più incerte e i fumi
di un vino di pessima marca.
E vorresti zittire l’ordine di quei prati
all’inglese e di una vita borghese di merda.
Ma il seccante ronzio è incessante
all’orecchio come il puzzo di cicca
e la musica che ti rimbalza dietro
con la chitarra scordata
che tu stesso hai scheggiata con l’uso.
All’improvviso accecato
rialzi – la mano sui fari molesti –
il peso di un giorno di nuovo
ruzzolato dove?
E forse vorresti crepare proprio
stanotte – anche ingloriosamente, certo –
che bestemmiare incespicando cristoddìo
o ritrovarti domattina nel tuo freddo
cappotto di lisa solitudine – eh, straccione?
Ora che il tempo
Ora che il tempo pendolare
è compiuto, ogni alba srotola
il suo asfalto sfinito.
Un cane sgola assillante
un urlo nero, furioso.
Tra le case rimbalza fondo
un nome sfigurato.