Antonio Celano

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Fiera internazionale del libro di Torino (2009)

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Questo articolo è stato pubblicato su «Il Quotidiano della Basilicata» il 20 Maggio 2009.

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Alla Fiera di Torino la ricerca di una Basilicata fuori dal guscio

L’uovo è dappertutto. Ci segue attraversando Torino fino a giungere al Lingotto, scorre le lunghe file di visitatori che attendono di fare il biglietto d’entrata, rotola tra i padiglioni e gli stand degli espositori. La presenza dell’immagine che meglio riassume il senso della ventiduesima edizione della Fiera del libro ci accompagna costantemente: un uovo che sta per dischiudersi e che chiama chi lo guarda a farsi forza, a uscire fuori dall’isolamento del proprio guscio per aprirsi agli altri, al mondo esterno. Durante la Fiera, da quell’involucro esce davvero di tutto, inondando i 51 mila metri quadrati di spazi che hanno accolto gli oltre 1.400 editori presenti. Scrittori vecchi e nuovi, editori grandi e piccoli, istituzioni specializzate, operatori, temi affascinanti, presentazioni, dibattiti, spunti interessanti, lettori forti e in erba, intellettuali, semplici curiosi. Un fiume che ci trascina via insieme a migliaia e migliaia di persone che scorrono, si fermano, creano ingorghi che si sciolgono improvvisamente, attratti da un dibattito, da un libro a lungo cercato, da un autore a cui chiedere un autografo.

In tutto questo turbinare a un tratto ci fermiamo e ci chiediamo se da quel guscio d’uovo possa uscire mai anche la Basilicata. La domanda ci sorge spontanea appena incappati nel padiglione della Regione Campania, si ripete davanti a quello animatissimo della Regione Puglia, ci ossessiona ai piedi di quello ricolmo di libri della regione Calabria (così finiamo anche per emozionarci al cospetto dello scaffale espositivo dedicato alle vecchie edizioni delle opere di Saverio Strati). Ci chiediamo insomma se il pulcino Basilicata sia rimasto ancora una volta rintanato nel guscio, pauroso di mescolarsi alla festa. Non ci consolano le sparute presentazioni a cura del nostro Consiglio regionale che presenta, con Prospero De Franchi, un libro di El Idrisi in un incontro intitolato “Sollazzo chi si diletta di girare per il mondo (e giunge quindi in Basilicata)”. Né ci conforta la totale assenza degli editori lucani. Certo, si dirà, come paragonare i poveri mezzi delle case editrici lucane al catalogo di alcuni editori calabresi, sardi o campani? Non ci crediamo, perché gli editori calabresi e sardi sopperiscono anche con orgoglio, voglia di fare, soprattutto con un pizzico di intelligenza. Perché si consorziano, ottimizzando gli utili e dividendo i costi, peraltro costantemente supportati dalle loro istituzioni regionali. Un atteggiamento coraggioso di cui la regione Basilicata ha saputo far sfoggio, non si sa quanto una tantum, solo alla fiera libraria di Roma dello scorso anno. Invece alla festa di tutta l’editoria, quella grande e piccola, nulla.

Però cediamo all’amarezza e allo sconforto solo quel tanto che basta prima di scoprire che invece un’altra Basilicata ha deciso di uscire fuori dal quel benedetto guscio mettendo fuori le zampette già forti. A interrompere il magone interviene infatti una gigantografia che a un tratto ci giunge dallo stand di un editore importante come è Marsilio. Il viso che ci sorride è quello di Gaetano Cappelli. A Torino lo ha da poco presentato il suo maggiore sostenitore e promotore, il critico Antonio D’Orrico che lo ha portato non solo agli onori della cronaca letteraria, ma dritto filato nella quindicina dello Strega, il più ambito (e remunerativo in termini di vendite) premio letterario italiano. Ci conferma tutto Filiberto Zovico, che ci accoglie con molta cortesia nello stand della casa editrice veneta: “la candidatura di Cappelli l’abbiamo valutata proprio a seguito di una provocazione lanciata da D’Orrico in una delle sue entusiastiche recensioni allo scrittore lucano. Detto fatto. Certo, avremmo potuto prendere in considerazione la cosa già ai tempi di ‘Storia controversa…’, ma forse i tempi non erano ancora maturi e comunque questo libro è resta assolutamente all’altezza di uno scrittore in cui crediamo fermamente. Dopo che il fiuto di uno scopritore di talenti della sensibilità di De Michelis ci aveva consentito di scoprire Cappelli e di pubblicarlo, ritenemmo opportuno crescere con editori allora più importanti del nostro, seguendo una politica che abbiamo sempre fatto nostra. Finché non è cambiata la situazione tanto da poter rinsaldare con Cappelli un rapporto sempre restato molto stretto”.

Prima di lasciarci Zovico non ci nasconde di essere soddisfatto anche di Giuseppe Lupo sia per le vendite che per lo spessore artistico di uno scrittore comunque commercialmente più “difficile” in quanto legato a tematiche più territoriali e di diversa profondità storica, a cui Lupo “reagisce” con una capacità davvero unica di scrittura e scioltezza.

Di Consoli lo troviamo invece un po’ dappertutto: tra i libri dell’Ancora del Mediterraneo, editore partenopeo, e tra quelli Rizzoli, suo editore attuale che non ha certo bisogno di presentazioni. Sulle sue tracce finiamo alla piccola ma promettente Hacca di Macerata, casa presa ora per mano da Francesca Chiappa che ha pensato bene di affidare a Di Consoli una collana che ha saputo subito far levitare con autori del calibro di Carraro e Paris, Veneziano e Bonina. Ci parlano più diffusamente di lui anche Anna Grazia e Agnese Manni, dell’omonima casa editrice leccese: “Andrea lo abbiamo seguito fin dai suoi esordi e siamo state molto felici di averlo in catalogo con un piccolo libro ma davvero ben scritto e ricco di vissuto e nostalgia come ‘Marisdea’. Insieme a Raffaele Nigro, uno scrittore che nel carattere unisce dolcezza e determinazione, (nella stessa collana di Di Consoli ha pubblicato ‘Maschere serene e disperate’, ndr) è probabilmente uno degli scrittori più interessanti delle ultime generazioni di scrittori lucani. In catalogo abbiamo avuto poi anche il piacere di avere Giancarlo Tramutoli, uno scrittore giovane, spigliato e irriverente. Il lavoro editoriale su ‘Uno che conta’ è stato davvero divertente”.

Usciamo dal Lingotto con sentimenti contrastanti, sempre costretti come siamo a trovare una Lucania che non è mai dove dovrebbe essere, sempre costretta fuori da se stessa, lasciata a diluirsi nel mondo. Il che ci amareggia, ma pure ci allieta, perché il talento non è mai così provinciale.

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“Io, gli altri” alla XXII Fiera del libro di Torino

Si è appena conclusa la ventiduesima Fiera del libro a Torino (Lingotto, 14-18 maggio). Solo tra qualche giorno conosceremo i dati di affluenza definitivi e soprattutto di volume di affari sviluppato da una  rassegna che pare essere giunta alla fine di un lungo ciclo e in attesa di un rinnovamento non più rinviabile tra notevoli problemi di budget e il ritorno all’antico nome di “Salone del libro” che ovviamente comporta in sé problemi non solo semantici.
Paese ospite di questa edizione l’Egitto, fin dal primo Ottocento meta ambita dagli italiani, prima archeologi oggi turisti. Paese-mondo dalla ricca cultura, anche letteraria – animata da scrittori come Naguib Mahfouz o Ala Al-Aswani – che certo merita di essere conosciuta quanto le piramidi o le incantevoli spiagge di Sharm.
Filo conduttore della Fiera, invece, il tema “Io, gli altri”, una lunga riflessione ispirata dall’osservazione, tanto semplice quanto sistematicamente trascurata, che la conoscenza e la tolleranza verso gli altri passa necessariamente dalla conoscenza di se stessi. Innegabile quanto oggi l’Io sia malato. “Esibizionista, egoista, autoreferenziale, indifferente al destino e alle necessità degli altri, ha perso il senso della comunità ed è incapace di elaborare progetti condivisibili, di riconoscersi in una causa di utilità comune. Un Io che non sa guardarsi dentro”, che preferisce creare alter-ego virtuali offrendo di sé un’immagine edulcorata che non è il ritratto di quello che si è, ma di quello che si vorrebbe essere. Un tema che non ha mancato di investire le discipline più disparate: dalle neuroscienze alla psicoanalisi, dalla politica alla storia al diritto fino all’etno-antropologia con il concorso di autori del calibro di Edoardo Boncinelli, Luciano Canfora, Alberto Manguel, Elena Loewenthal e molti altri. Un tema centrale forte che però, perfettamente in linea con le sue premesse, non ha fatto ombra alle tante altre questioni discusse – impossibile seguirle tutte – collegate all’attualità: la giustizia, i diritti umani, la crisi della sinistra, il mondo del lavoro, il caso Rai, le mafie, le politiche della Chiesa.
Una congerie davvero senza fine di dibattiti, autori, editori, appassionati e operatori del settore. Senza farsi mancare qualche vip (uno su tutti Emanuele Filiberto di Savoia) della quale onnipresenza il mondo del libro, pur da sempre di bocca buona, non si sa francamente quanto abbia bisogno per rilanciarsi. Più gradite le numerosissime scolaresche che si sono accalcate tra sale e stand: la sopravvivenza futura del libro, questo semplice oggetto ad alto concentrato idee, ha molto bisogno di loro.

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Written by antoniocelano

marzo 10, 2010 at 6:03 PM