Antonio Celano

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Intervista a Maria Carmela Calice

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Questo articolo è stato pubblicato su «Il Quotidiano della Basilicata» il  30 Giugno 2009.

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La penna non è snob

L’editrice fra istituzione, voglia di sinergie e realtà lucana

Finita la festa, gabbato lo santo? Qualcuno può averlo pensato dopo la chiusura della Fiera del libro di Torino, magari pure rassicurato dal ruolo poco più che testimoniale espresso dalla presenza dello stand del Consiglio regionale della Basilicata.

Fatto sta che i problemi sul tavolo dell’editoria lucana sono rimasti tutti penosamente aperti. Il difficile stato delle case editrici creato dalle poche risorse non solo economiche, soprattutto la mancanza di una normativa regionale dedicata e una difficile concertazione dei tanti soggetti parte in causa: dagli autori alle case editrici, dall’Università alla scuola, dalla Regione al sistema bibliotecario, in un gioco culturalmente suicida di presente latitanza – ci si passi l’ossimoro – di un po’ tutti gli attori di questo singolare cast.

Tuttavia, grazie anche alla disponibilità di Maria Carmela Calice e di Rosetta Maglione, ci va di iniziare a scoperchiare finalmente la pentola, diradarne il fumo e saggiarvi lo stato dei principali temi contenuti. Uno sguardo dal di dentro, pregi e difetti inclusi, da chi questa situazione vive con disagio.

Con una speranza. Quella cioè che tutti quanti leggeranno le due interviste vorranno (editori, scrittori, politici, funzionari di istituzioni bibliotecarie e scolastiche, perché no?, intellettuali e lettori) a loro volta intervenire, dando maggior sostanza e senso al dibattito.

In questa prima puntata abbiamo incontrato la Calice Editori di Rionero in Vulture nella persona della Signora Maria Carmela che gentilmente, ma fermamente, come nel suo stile, ci risponde:

Dott.ssa Calice, sempre convinta che a Torino sia stato più importante portare i libri che partecipare di persona? Non crede che le fiere siano un’ottima occasione per intessere relazioni sul piano nazionale, per parlare del contenuto dei suoi libri ai curiosi e ai lettori?

Non ho mai pensato che sia meglio mandare i libri e non partecipare. Quest’anno è andata così, ma sia l’anno scorso a Torino che a Roma sono stata presente ed è stato interessante proprio per i rapporti che si sono creati con gli altri espositori e con i visitatori.

Nel suo intervento di risposta sulla mia inchiesta sulla presenza dell’editoria lucana alla Fiera del Libro di Torino ha molto ben spiegato quali sono le cause del ridotto peso dell’editoria libraria in Basilicata. Non crede se ne possa uscire anche con la collaborazione tra case editrici, magari associandosi, dividendo i costi dello stand (quello del Consiglio Regionale a parte) e ottimizzando i profitti con in più il vantaggio di dare un’idea di compattezza dell’editoria lucana sul piano dell’immagine?

Mi piacerebbe consorziarmi con le altre case editrici lucane, ma credo sia molto difficile perché, a parte qualcuna più antica, le altre sono di recentissima costituzione e penso che vadano ancora alla ricerca di una loro identità.

Non crede invece ci sia anche una certa dose di diffidenza o di pigrizia imprenditoriale? In fondo non si tratta di un afflato volontaristico, bensì di scelte con ricadute economiche anche importanti…

C’è senz’altro anche pigrizia e diffidenza, ma la verità è che ci vogliono investimenti rilevanti e nessuno di noi è in grado di rischiare.

Partecipa a fiere più piccole, dove i costi sono magari più  contenuti?

Sì, soprattutto alle piccole fiere locali.

Rispetto a quanto è possibile fare, come sono i rapporti con gli altri editori lucani? Nonostante la varietà dei vostri cataloghi, mi sembra di leggervi comunque uno stile, un tono piuttosto accomunante… proponete delle coedizioni, delle presentazioni, dei progetti comuni?

I rapporti sono buoni e cordiali, ma finora ancora non siamo riusciti a fare iniziative comuni.

Come mai l’editoria locale (se non per casi singoli) non riesce ad attrarre i grandi scrittori lucani? È una questione economica? Di distribuzione? Di innovazione delle collane? Oppure dipende dagli scrittori che magari vi snobbano?

Credo che nella sua domanda ci siano già le risposte, ossia: è un problema di costi, di distribuzione sul territorio nazionale (ma le grandi messaggerie non prendono piccoli editori), ma anche di snobismo: chi scrive un  libro preferisce pubblicare fuori regione, anche pagando e spesso il libro non viene distribuito affatto. A me, però, è capitato anche di rifiutare alcune proposte per mancanza di coraggio e poi me ne sono pentita.

Accosto due fatti solo apparentemente scollegati. Il primo è che nel panorama italiano il lavoro editoriale è andato mano a mano perdendo il peso di una volta anche con ricadute pessime sulla qualità del prodotto finale. Il secondo è il dato di fatto sottolineato giustamente da Paride Leporace e cioè che la “battaglia” per la presenza dell’editoria lucana a Torino si sia persa proprio sul piano della visibilità. Alla luce di ciò ritiene che gli sforzi per eventuali investimenti in marketing, comunicazione e grafica giochino tutto sommato un ruolo ancora marginale in Basilicata?

Sicuramente a Torino poteva andare meglio sul piano della visibilità e se avessero fatto gestire a noi editori l’intera operazione forse avremmo ottenuto di più, ma il problema è che il protagonista era il Consiglio Regionale con le sue pubblicazioni a cui si accodava l’editoria lucana e non viceversa, anche forse per colpa nostra…

Ma non ritiene una contraddizione nei termini o, per dirla più francamente, uno scandalo, che il Consiglio Regionale vi porti nel proprio stand e che invece la Regione invece non sia stata capace di varare un qualsiasi provvedimento di legge a sostegno delle vostre attività? Possibile che la Regione anche attraverso singoli esponenti non vi abbia mai fatto proposte concrete? E, se sì, perché sono sfumate?

Le spiego: quando fummo convocati la prima volta dall’allora presidente Bubbico, che aveva deciso di dare una svolta con una legge a sostegno dell’editoria, ci presentammo in tanti, pieni di entusiasmo e voglia di fare. Successivamente, quando si è compreso che la legge non sarebbe mai arrivata (e non ne comprendo i motivi) e che l’unica proposta che rimaneva in piedi era la partecipazione alle fiere con lo stand del Consiglio, si sono tutti persi per strada e alla fine ci siamo ritrovati solo in 3 o 4, ma temo che l’anno prossimo non ci sarà proprio nessuno.

Non si capisce perché non si riesca a fare una legge come in altre regioni. Ogni tanto qualcuno ci promette che se ne occuperà, ma poi tutto tace. Forse si crede che produrre cultura, tutto sommato, non serve a nessuno.

Certo in tutto questo la Regione sconta una pericolosa fragilità  di costruzione degli spazi di democrazia nel senso che l’istituzione non si fa, in quanto soggetto politico forte, promotore della crescita di un pezzo della società civile in Basilicata. Ma non crede che nel discorso, sul piano culturale, si annidi pure una malintesa concezione della modernità per cui protagonisti dell’editoria siano soprattutto quotidiani e televisioni? Che non esista una modernità del libro e anche un modo moderno di fare i libri, il che mi pare nasca da una generazione di politici che legge poco?

Il punto cruciale è proprio questo: si guarda al libro come ad un oggetto sorpassato. Quelli della mia generazione, quando si potevano permettere di comprarne uno, guardavano al libro come all’oggetto di massimo desiderio, se lo scambiavano con gli amici ed erano capaci, poi, di passare ore a discuterne, confrontandosi, scontrandosi anche, ma crescendo. In quanto alla classe politica, che dire? Oggi forse non hanno tempo, dovendo sempre ricucire liti e strappi.

Però  mi pare che questa fragilità costruttiva finisca poi per tradursi paradossalmente, sul piano pratico, in un vantaggio in favore della Regione quando quest’ultimo soggetto si fa a sua volta editore per motivi apparentemente istituzionali. Insomma, non crede che il Consiglio e la Regione per altri versi siano pure parte in causa e cioè che nonostante vi diano il contentino di portarvi a Roma e a Torino, la dura realtà è che l’istituzione regionale dal punto di vista editoriale resti un vostro agguerrito concorrente?

Lei esagera a parlare di agguerrito concorrente, ma una cosa è certa: sia la Regione che il Consiglio non dovrebbero fare gli editori…

Allarghiamo il campo. Come reputa nei confronti della sua casa editrice l’interesse di un’Università come quella della Basilicata?

Ecco, a proposito dell’Università, il ruolo della Regione doveva essere anche quello di raccordo tra i diversi soggetti che si occupano di cultura e penso anche alle associazioni culturali che ci sono in questa regione. Sarebbe straordinario se si incontrassero case editrici, associazioni, università per la costruzione di progetti di vasto respiro, il tutto mediato dagli uffici competenti regionali. In quanto all’attenzione dell’Università, non so che dire, forse perché la maggior parte dei docenti viene da altre regioni e non conosce la realtà locale.

Nel suo intervento a seguito del mio reportage su Torino ha detto che scarso è il sostegno delle istituzioni bibliotecarie lucane. In che senso?

In Basilicata abbiamo una Biblioteca Nazionale, due Provinciali e circa settanta Comunali di cui solo pochissime funzionano, nel senso che sono aperte al pubblico, la maggior parte sono sempre chiuse o aprono a singhiozzo, inoltre non tutte hanno un direttore, al massimo un dipendente comunale a cui è stato conferito l’incarico e non sempre in base alle competenze.

Cosa significa questo? Che non acquistano libri, non aggiornano, non organizzano nulla per avvicinare i giovani alla lettura con una ricaduta negativa sugli editori e sulle librerie. Insomma, sono tanti i problemi da affrontare da parte di chi dovrebbe, se solo ce ne fosse la volontà.

Un quadro desolante. Un’ultima domanda, la scuola dell’obbligo adotta libri del suo catalogo?

Né la scuola dell’obbligo, né quella superiore.

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Written by antoniocelano

marzo 12, 2010 at 8:44 am