Antonio Celano

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Racconto: Mr. Suicide

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Questo racconto è stato pubblicato su «L’Immaginazione», n. 214 (agosto 2005), p. 9-12.

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Sì, insomma, il 29 Ingromarket era ancora là, l’autista si leggeva il giornale e allora mi sono accesa un cicchino. Saranno passati quattro o cinque minuti, sì, poi ho incominciato a incazzarmi perché st’autobus non parte ed ero già montata su. Là davanti già qualcuno cazziava il conducente e allora mi sono fatta le cose mie. Però ho sbuffato. Qua c’è gente che va a lavoro mica a Gardaland, ogni santa mattina! Poi si lamentano che nel 29 di gente ce n’è poca. E grazie! se ne salgono tutti sul 30 che almeno fa lo stesso tratto per un pezzo fino al palazzo dell’IBM e parte in tempo. Oh, io insomma c’avevo il responsabile che veniva da Roma per briffarci sul controllo di gestione e in un’occasione così non si può mica fare tardi. Ero imbufalita a bestia! Firenze del cazzo. E dire che una dopo che ha studiato giù finisce a trovarsi lavoro in questa merda di città. A misura d’uomo, dice. Che stronzate! Milano era meglio, era. Vuoi mettere le possibilità. Poi c’è il mio uomo a Milano… La prima volta che l’ho incontrato sono dietro le scartoffie, carichi, scarichi per tutte quelle Lettonie Estonie e Lituania e gli faccio: “dimmi che sei un angelo e sei venuto a liberarmi da questo carcere del caucaso” e lui si è messo a ridere e ha detto sì e poi siccome stava due giorni ci siamo messi insieme. Poi sono salita io nel week-end successivo e ora ci si telefona e ci si vede ma non si può nemmeno dire perché lui è un nostro cliente e se lo sanno in azienda mi segano.

Vabbé, insomma, ’sto benedetto autobus ha preso per la strada dove c’è il tribunale dei minori e poi ha fatto un sinistra destra, al solito, tirando per Porta a Prato dove sale altra gente. Quando montano su mi verrebbe da gridargli: “O ’he vu vulete tutti su codesto autobus?”. Il fiorentino mi sta sul culo. ’He vu vulete… vu? E se la tirano con ’sta c e ’sta t e ’sto vu che dopo dieci minuti che soffi e aspiri ti senti stonata tipo muccapazza. No no, chiuso. Con ’sta parlata è impossibile farci pubbliche relazioni. Come se i fiorentini poi andassero d’accordo con qualcuno. Proprio di default non vanno d’accordo. Lo dice pure il mio uomo che è nei computer che gli abitanti si chiuderebbero tra le mura forever, a sud ma pure a nord. E poi giù a rincoglionire come i senesi, che a furia di accoppiarsi tra di loro nascono tutti mongoli, dice…

Insomma, la faccio breve. Più avanti, dopo la deviazione del percorso solito che anche quella fa perdere un sacco di tempo, c’è via Mercadante che c’è il ristorantino e le autorivendite… sì, insomma, dove c’è Stefan che fa angolo e la Grazia dice sempre che non ci andrebbe mai perché c’è le cose troppo a poco e si litiga con quell’altra, come si chiama, che gli dice invece che proprio per questo se, per dire, una prende un capo che poi si rovina non ce lo piange… ecco, se vai di là per via Toselli dove quell’idiota di rumeno s’è fatto infilare nel tritatutto della nettezza, poi esci in piazza Puccini e c’è il pontino, non mi ricordo mica se è sul Mugnone. Comunque è un ruscellino di cacca che c’ha più zoccole a giro che acqua. Scavalchi e poi segui tutti quei palazzi con i fiori alla finestra, il primo sexy shop, il negozio di divani tipo di classe e le filiali di banca. Insomma, proprio lì, alla fermata successiva ci sono le vetrine di un negozio carinissimo che c’ha le cose dell’Alessi. Come mi fanno impazzire! Ci sono i cestini d’acciaio con gli omini King Kong… tutti quei bambini che si tengono per mano e a me mi viene voglia di averne uno tutto mio. Insomma, una volta gliel’ho detto pure a mia mamma che mi andava di scodellare un marmocchio. Già. Uuuh, quella s’è incazzata a morte! Quasi quasi mi ci manda dalla rabbia… e non sei sposata e quando la metti la testa a posto e finiscila di dire tutte ’ste fesserie e che aspetti a trovarti una persona colla testa a posto e la città a voi giovani vi fa venire le fantasie… ooh, oh! calma e gesso che ho solo scherzato! Così si sclera!

Insomma, vabbé, a un certo punto, ho ripreso a guardare un po’ la gente che era nell’autobus e chi ti vedo? Non era Peppino? Il paesano mio. Allora era lui che si litigava coll’autista. Con quella faccia da sfigato che si ritrova. Sempre triste, sempre incazzato, sempre dentro a quel suo impermeabile nero che sembra gobbo, sempre colla barba e la testa a terra come un lampione… ma se era furbo a quest’ora non faceva lo schiavo alla ditta di spedizioni. Col lavoro che aveva prima… ma poi se l’è fuffato. Ma insomma, quando non c’è amor proprio, non c’è voglia di lavorare… Secondo me sarà anche buono ma un po’ se la tira. Fa il filosofo, fa. C’ha pure la faccia bianca.

Insomma, sì, l’altro giorno lo trovo al Dolce Vita. Un posto figooo! Un sacco di gente ganza! Però lui sempre una faccia che manco se gl’era morta la mamma… M’ha appena cagato e poi è andato via, mani in saccoccia nel suo impermeabile come se avesse fastidio di tutto. Tanto è così anche quelle poche volte che si fa vedere al paese.

Insomma, nell’autobus gli faccio un sorriso per salutarlo. Ha risposto appena, il bastardo. Cazzone… Vabbé allora ho incominciato a sentire la Giovanna e la Lorenza che parlavano vicino a me tutte scandalizzate ché avevano sentito la figlia raccontargli le cose che succedono a Castel Ruggiero. Sì, insomma, e mi è tornato in testa quando ho raccontato a Davide e Antonio che là sopra c’ero stata quando stavano facendo le riprese per un film e c’erano un sacco di finocchi tutti nudi a giro insieme ai nudisti soliti e allora anche noi ci siamo spogliati e ci siamo sdraiati sulla riva del laghetto e i miei amici mi hanno visto e hanno cominciato a sfottere: madonna che patonza che c’hai, mado-onna che patonza! Però poi Davide mi ha gridato che là non ci andava che era un posto del cazzo e lo faceva vomitare e quell’altro rideva come se avevo ammaccato chissà quali palle…

Insomma, a quel punto sono montati su i controllori e chiedono i biglietti. Che facce di merda, pareva che erano usciti dal carcere. Uno modello Sandokan con i capelli tutti a mazzetti, lordi che è una bellezza, un altro col melone e una barba tipo mi sono svegliato mò mò. Insomma, tutti e due con una faccia alla che me ne fotte che te lo raccomando. Hanno messo su il cartellino e hanno cominciato a fare il giro, ma tanto di cinesi non ce n’erano… sì, quelli che li vedi che vanno in giro all’Osmannoro e quando li beccano senza biglietto stanno tutti muti e sorridono e fanno moine e poi scendono e stramaledicono i bigliettai ma sempre gridando a bassa voce che sembra che si strozzano rafanculo stlonzi rafan-cuu-lo!! Insomma, alla fine della fiera non si vanno a fermare da Peppino? Tira fuori il biglietto, lo rigira, fa segno, gesticola un poco e quell’altro, il controllore, coll’occhio spento che fa sì sì colla testa modello asino. Allora ho pensato che mi sa che se lo stavano inchiappettando. Insomma, dopo quella risposta a culo il paesano s’è incazzato e ha protestato, ma quell’altro se see! faccia di tolla gli ha consegnato la multa come se era su un altro pianeta. Intanto però eravamo arrivati alla seconda deviazione. Sì sì, quella dopo la caserma dell’Istituto Geografico Militare in via Torello Baracchini. O Flavio Baracchini? Vabbé, tanto era sempre più tardi e quell’autista fottuto continuava ad andare a due! Ma cazzo, perché ci mettono sempre a lui? Non lo possono spostare a un altro orario, a un’altra corsa? E ho pensato mannaggia a me che non avevo preso il 30, uffa! Insomma, dopo la rotatoria e il sottopassaggio l’autobus s’è fermato alla centrale delle poste e io dal posto di dietro guardavo i manifesti attaccati al divisorio di cemento dall’altra parte. Un bambino tipo albanese giocava da solo nel campetto di palla a canestro di via Gemignani. I manifesti erano del circo, di scuole di karatè, di mostre e di politici. A un certo punto l’autobus ha aperto le porte e i controllori se ne sono scesi parlando. E mi ricordo che ho guardato un manifesto che c’era un vecchio colla coppola e sotto scritto benvenuti nell’era dell’ottimismo e ho sentito come un’ansia e mi s’era bloccato il respiro proprio quà. Insomma, sì, poi ho sentito gridare aspetta aspetta! L’autobus ha mezzo piantato e l’autista smadonnando ha riaperto la porta. Peppino s’è precipitato fuori. Chi lo sa perché mi sono alzata e sono andata a spiare dal finestrino di dietro. Mentre ’st’autobus s’allontana ho guardato che Giuseppe s’è avvicinato ai controllori, ha tirato fuori la pistola e ha camminato veloce verso di loro col braccio steso a fianco. I tipi si sono bloccati hanno parlato con Giuseppe ma Giuseppe ha alzato la pistola e ho pensato che mo’ scherza e poi cazzo mo’ li accoppa, ma poi è successo che Peppino s’è puntato di colpo la pistola alla testa e s’è sparato e m’è sembrato di vedere come una cosa che volava a lato verso i manifesti. Poi ho visto il bambino che si girava dalla parte del cemento e la palla saltava sul cerchio di ferro del canestro e faceva canestro e Peppino è caduto per terra.

II

– Senta, scusi, mi spiega perché ogni volta che c’è lei questo autobus parte sempre in ritardo?… Come sarebbe a dire che siamo in orario se lei doveva partire alle 8 e 5 e invece sono già e 11! Così anche oggi mi farà fare ritardo! Glielo spiega lei alla mia azienda che ogni volta che è alla guida sforo di almeno un quarto d’ora?… Protesti? Ma se sono giorni che parlo con le ragazze del numero verde e gli dico che lei è un cialtrone e che non siete capaci di assicurare un servizio uno! No, anzi, non volete assicurare nemmeno un servizio, non volete assicurare un bel niente… Non le interessa?… Che lei faccia solo il suo mestiere ne dubito, visti i risultati…

Ma sì, ma sì, tanto questo che soddisfazione ti dà, il cerebroleso! Via almeno s’è deciso a partire… Troppo recupero. Così la faccenda del permesso per andare in banca si mette male. E anche lì, se hai un certo conto basta la telefonata, invece a me a pappagallo, con quella risatina saputa del cazzo: “ma ’un lo sa? è la prassi, e per il codice i clienti devano venire direttamente qui in filiale… sa, signore, e c’è la privacy e c’è le truffe e c’è…” Ma cristo, truffa che? Non lo vedono che sul mio conto ci sono rimasti solo 108 euro e virgola? Come non sapessero che ci vuole mezza giornata per uscir fuori da questo buco d’Osmannoro. Cazzo, 108 euro… e ora come faccio… ma io di telefonare ai miei, quelli non mi danno più un centesimo e forse nemmeno ce l’hanno… e io coi telefoni ho già dato… cinque anni a sentir latrati, le richieste stronze dei fanatici di gadget, le assurdità, le confusioni, le tariffe, gli abbonamenti, le fasce, gli ordini… basta, basta! basta al full time, basta al tempo indeterminato, ma è vita senza mai una gratifica, un bravo o un “toh, sciala, un aumentino”? Cazzo, un altro po’ invece e finisco barbone sotto la Feltrinelli, tra i cartoni, a chiedere l’elemosina in ginocchio col cartello al collo: “vengo di terroиia, prego sigиiore carithà”!

Va beh, va beh, facciamola finita, dai… Piazza Puccini… cos’è quello? “Bindo Altoviti tra Raffaello e Cellini”… una mostra. Ma con che ci vado?… ci vorrebbe un’altra vita… già, perché no? mostre, teatri, cinema, libri… ce  ne vorrebbe un’altra venuta meglio, magari… e poi trovare un panorama chiaro e caldo con questa luce dolce che resta tra i pioppi e l’acqua, che bacia le fioriere a pergolato sui palazzi dove c’è ancora la Firenze della metà dei sessanta… quante volte mi ci portò papà? due forse, ma tempo dopo, e mi parlava della mitica Marzocco, dei Vallecchi e ora non c’è più nulla… più avanti no… lungo via Baracca i muri scuri o scorticati, le pompe di benzina… però adesso alla fermata c’è il negozio con gli oggetti della Alessi… il vecchio Firebird di Venturini… il piccoletto di Giacon… guarda lì che denti, gialli di rabbia e la catena al collo fino al tappo… blu, come tutta l’acqua pesante di stress che lascerà andar giù, piano per vortici, fino alla fogna. Mr. Suicide… e ogni volta che gli tiri il collo lui resta impiccato tra il mondo di sopra e quello di sotto ed è sospeso e non è vivo e non è nemmeno morto… ogni volta apre solo una porta verso il basso, come un guardiano… e se è così, quando sarà mai stato che ho cominciato a fare il tira-tappo… forse dopo Roma, quando a un tratto per lei non sono stato più nulla. Non più un sussulto, non più un batticuore, nemmeno un amico per cui valesse la pena di superare qualche paura.

A Roma… l’aria dolce del mattino, la pioggia alle spalle lungo il viale dei Prati Fiscali, tra i filari di platani… ma tutto, forse, era evocato solo dal tenerti le mani, le dita così leggere, più mature delle mie. Ti chiesi a casa come va, ma io sprofondavo tra le efelidi e i tuoi capelli neri. Sprofondavo per la prima volta senza ostacoli, senza imbarazzi o accorgimenti… lungo la teoria di negozi che costeggiava i viali siamo entrati a comprarci dei panini. Sulla porta del market due clown strozzavano lunghi palloncini per i bimbi… Poi la sera sul Gianicolo, tra le chiese nella luce ocra dell’antico, tra putti e piccioni e aquile e visioni apocalittiche. E ancora più giù tra le ville, le strade, tra i giardini che rispondevano al nostro silenzio. Giù, fino al traffico caotico dei lungotevere la notte. E ancora a perdersi fino a Piazza Navona come se ci fosse stato impedito per troppo tempo bere una città intera, la musica, due birre. Nel tuo giubbotto di pelle nera mi parlavi della voglia di imparare a fumare prima o poi, che non c’eri riuscita nemmeno al liceo… l’ultimo tuffo fu nel buio in albergo, i fruscii, le chiacchiere, i gemiti e la tivù accesa senza sonoro, solo per imprimere il buio di qualche fugace colore, innestati come le marze che incastrava un giorno zia Anna in campagna, stretti di morbide fruste di rosso vincastro e schizzi di pece e pezzi di sacco e poi il tintinnio dei tuoi bracciali d’acciaio e un giorno mi hai parlato a telefono e mi hai detto che non potevi più darmi…

– Eh? sì… il biglietto? sì… dove… eccolo. Accidenti… mi scusi, uffa, ho dimenticato di marcarlo. Son salito e mi sono distratto a parlare con l’autista… Oh, oh, calma eh! lo so che non le interessa, chi le dice nulla, faccia questa multa… no, scusi, guardi: è un carnet per quattro corse e se osserva bene risulta che gli ultimi tre giorni ho vidimato regolarmente… Va bene, va bene, invece se voi ogni giorno mi mettete in difficoltà con i vostri ritardi chi vi multa a voi?… E allora se deve fare il suo lavoro lo faccia e si risparmi commenti non richiesti. Ecco, grazie, grazie a lei…

No, cazzo, 41 euro… no basta. E ora basta!

– Aspetta, aspetta! ferma, devo scendere!… e vaffanculo anche te con quello sterzo là!… Ohé! facce di cazzo, fermi!… sì sì, proprio a te, faccia di cazzo, e anche a te!… aah, e com’è, ora che hai visto il ferro ti s’è bloccata la parlantina?… calmo? toh! ecco fatto… e il colpo è in canna… insomma per voi chi sono, uno dei tanti incontrati per strada, uno a cui dare tutto in una volta e togliere tutto in una volta… e zitto, cazzo, che c’è da capire? non sono un utente, sono una persona porta rispetto quando parlo! Ma ora ve lo risolvo io il problema… tanto anche per voi due uno è meglio che sparisca, no? non sono un cane, voglio rispetto… tutto per inseguire una gatta sulla ferrovia, travolto dalla littorina che poi l’hanno smantellata due anni dopo, capito? e poi mio padre lo dette a una vecchia che con la carriola andò a buttarlo al fiume ma già da prima il cane era scemo perché se ne stava tutto il tempo con una pietra o un bastone in bocca anche se nessuno glieli buttava… ora ci penso io… se ne stava tutto il giorno vicino alla meta delle felci con quella croce addosso che gli tritava i denti e ne poteva fare a meno di perdere la testa per te che tre giorni fa ti ho vista in quel locale pieno di figli di papà con quell’essere sì lo so che è solo un amico ma che me ne frega quell’essere sudaticcio che non so se somiglia più a un angioletto boccoluto o a un troll che si rasa le orecchie per non farsi riconoscere che parla solo del più e del meno e spara stronzate sul tecnologico… ah, adesso mi capite… con quella bocca che sembra una checca francese… ma io la odio, io ti odio e ora sei soddisfatta solo se tolgo il disturbo. E basta!

E poi ho visto mio nonno. Spingeva le vacche fuori dai cerri per la campagna e nel prato stava il Duomo, la sua massa imponente tra il sambuco, la cicoria e qualche stracco turista tedesco. Il mio mondo è venuto a naufragare qui, il mio mondo perfetto e dimentico nelle tre dimensioni del tempo, avvolto in una calma arcaica dall’odore serale di stazzo e proporzioni architettoniche. E in tutto questo tu non ci sei più e non ci sono più nemmeno io. L’equilibrio che mi davi non c’è più. E finita è anche quella rabbia tanto forte che era solo amore.

III

UFFICIO COMMERCIALE

Gestione Segnalazioni Esterne

prot. uscita 2376

OGGETTO: segnalazioni telef. Uff. Recl.

prot. arrivo n. 3124/04

Egregio Signor Forastieri,

con la presente vorremmo ringraziarLa per quanto segnalatoci presso le operatrici del nostro numero verde e per l’opportunità che ci offre di ricordare come il nostro servizio si svolga nelle strade cittadine con le difficoltà di viabilità che tutti conoscono bene e che penalizzano in primo luogo la nostra Azienda.

Come da Lei segnalato le corse della linea da lei citata in oggetto transitano spesso in ritardo, ritardo che spesso costringe i nostri operatori a riorganizzare gli orari anche in modo immediato, per ridurre al minimo il disagio che ciò causa all’utente.

Questo problema potrebbe essere risolto accrescendo le corsie delle nostre linee protette dalle altre correnti di traffico, problema che ci vede impegnati insieme ai competenti uffici delle Amm. Com. del territorio da noi servito, nell’elaborazione di una proposta complessiva.

Nel particolare delle vie che transitano per via Baracca vorremmo ricordarLe i lavori stradali che ormai da mesi impegnano la viabilità obbligandoci a ritardi non sempre recuperabili.

Rimaniamo a sua disposizione e Le inviamo distinti saluti.

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Written by antoniocelano

marzo 11, 2010 at 12:57 PM

Pubblicato su L'Immaginazione, Mr. Suicide