Esergo
ad Antonio Celano
…
Caro Antonio, al telefono
mi dici che la mia poesia,
con il passare degli anni,
ha ora trovato uno strato petroso,
e che lo scavo facile è terminato.
Sono felice della tua osservazione,
infatti è vero: il mio scavare, come di cane,
è sempre più difficile, ed è giunto
a uno strato duro di pietra.
Ti confesso che non aspettavo altro.
Ora si tratta di andare avanti nello scavo,
ma stasera mi chiedo, e ti chiedo,
il senso ultimo di questo lavoro.
Creare dovrebbe riguardare il salire,
la costruzione di un meccanismo nuovo
che procede verso l’azzurro del cielo,
invece eccomi qui a scavare nel buio,
a compiere questa faticosa catabasi.
(…)
Hai ragione tu: io non creo, scavo.
(…)
Ma cosa c’è nascosto nel tempo,
nella storia, nel corpo e nei sentimenti,
in questa mia dura terra di parole,
tanto da spingermi a continuare?
L’osso della verità, mi verrebbe da rispondere,
pensandomi stasera come a un cane affamato.
(…)
Razionalmente so che non serve a nulla scavare,
perché scendendo troverò solo parole più dure,
ma agisco su impulsi irrazionali,
e quindi continuerò a farlo.
Forse, ma è solo un’ipotesi,
la verità è la grande lezione della durezza,
la riduzione della poesia a rumore di sassi.
In fondo si vive per consumare tutto, per giungere alla meta persuasi e stanchi.
(…)
Si scava per sfiancarsi di nostalgia e di angoscia.
(…)
Di nuovo c’è pure che le mie parole si sono come smitizzate,
mi appaiono come suoni odorosi di carne marcia,
eppure continuo a metterle in fila sulla carta,
ma non c’è nessuna differenza effettuale, credimi,
tra il parlare e il tacere, tra la letteratura e il niente.
(…)
…
[Andrea di Consoli, poesia di apertura della raccolta Quaderno di legno, EdiLet 2009]
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