Antonio Celano

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Fiera nazionale della piccola e media editoria Più libri più liberi (Roma, 2009)

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Questo articolo è stato pubblicato su «Il Quotidiano della Basilicata» il 10 Dicembre 2009.

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C’è aria di “lucanità” alla Fiera di Roma

A Roma, uscita EUR Fermi del metrò ci accoglie un sole pigro e piacevole. È ancora presto e preferiamo andare in Fiera a piedi invece di utilizzare il bus navetta. Ci aggiriamo tra le masse severe dei palazzi monumento e il vuoto quasi perfetto di uomini in un giorno feriale. Finalmente incontriamo una ragazza. Fa la nostra stessa strada, ci chiede come meglio raggiungere il Palazzo dei Congressi dove si tiene la manifestazione dedicata ai libri. Raggiungiamo un’arteria principale, finalmente, questa, rombante di un traffico senza particolari eccitazioni. Intanto scopriamo che è appassionata di teatro e di letture, stagista di una casa editrice prestigiosa. E scopriamo che è di Melfi, il che ci pare subito di buon auspicio per il nostro reportage, ma poi anche prodigioso come facciano a ritrovarsi i lucani sempre nei posti più insoliti e deserti.

Comunque sia, appena giunti in Fiera, l’impressione complessiva è che la gente l’abbiano fabbricata lì di notte in quantità, una folla generata dal nulla che ci fa perdere in un attimo la nostra stagista tra la ressa, le cose da fare, le persone da vedere di una mostra che è l’antitesi di Torino: fagocitante come quella, ma non per gli spazi, la quantità, l’enormità. Roma è più serrata prossemica di intellettualità, di amicalità, una dimensione piccola, ma proprio per questo meno freddamente rituale, più densa e coinvolgente.

E infatti quasi subito, non sappiamo ancora come, riusciamo a trovare quella traccia di lucanità che cercavamo, stavolta in un luogo letteramente saturo di umanità. Abbracciamo così Andrea Di Consoli, gli facciamo gli auguri per la sua ultima fatica poetica portata a termine, quel Quaderno di legno voluto dalla piccola e coraggiosa Edilet. Ne parliamo come un libro che chiude un’ideale cerchio apertosi nel 2003 con Discoteca (Palomar di Altenative) e proseguito con La navigazione del Po (Aragno, 2007). Versi, questi lasciati al Quaderno, in cui di Consoli veleggia verso le terre estreme della sua scrittura, tendendo il suo cordame tra geometrie orizzontali (i luoghi, ad esempio: Roma, la sua Lucania interiore) e tutti i sensi percorribili tra la carne e dio, condensati in uno stile semplice e prosastico, ma non certo facile.

Il tempo di dare uno sguardo agli scaffali per cogliere due lampi (una copia di “Decanter”, il periodico di Calice, nella rivisteria; la torrida copertina di Deserti della nostra conterranea Raffaella Spera, esposta nello stand Manni), il tempo di scambiare un’impressione su Catozzella, ed ecco che il tempo dell’esordiente Dora Albanese è già venuto. C’è aria di partecipazione alla presentazione del libro Non dire madre (Hacca) un’anteprima del quale abbiamo già potuto gustare recentemente sulle pagine del nostro Quotidiano. Alla presentazione sono lo scrittore Andrea Caterini e il critico letterario Arnaldo Colasanti. Caterini sottolinea come la scritura di Albanese riesca bene a dirci la rabbia e il dolore di una scrittura che, mai lasciando sul testo tracce di incontrollato espressionismo, riesce a rimenere sempre ottimamante centrata sulla voce delle protagoniste del suo mondo. Colasanti, a ruota, ci offre invece un’acuta e penetrante (sbaragliante, diremmo quasi) analisi del testo della scrittrice materana, incentrata sul profumo (cioè su una matericità tanto individuabile quanto allo stesso tempo indefinibile) di una scrittura che altro non è che un’infanzia notturna e negata che lega e collega il voto più nascosto delle protagoniste della raccolta. Racconti che si concatenano e finiscono per sospendersi in una narrazione che rende, invece, un tono da romanzo.

Chiude il cerchio di questa ottava edizione della Fiera colui che l’aveva aperto a Torino, Gaetano Cappelli. Non avevamo fatto in tempo a lasciarlo nella capitale piemontese poco prima di scendere in lizza per lo Strega, che ecco rispuntarlo ora, sempre per parlarci del suo La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero estremo (Marsilio) stavolta a gareggiare per la proclamazione del seguitissimo “Libro dell’Anno”, a cura della Redazione di Fahrenheit, che raccoglie i voti dei numerosissimi ascoltatori della trasmissione radiofonica emessa da RaiRadio3. E infatti ci pare salire sul palco perfettamente a suo agio con altri due pretendenti al titolo, Nicola Lagioia e Filippo Bologna. Pungolato da un ironico Giuseppe Antonelli, Cappelli si diffonde, per quanto consentito dai tempi parecchio stretti delle presentazioni, sulla sua ultima e avvincente commedia di costume e sulle suggestioni sprigionate dal suo protagonista, Dario Villalta, legato alla sua terra di origine, ma capace allo stesso modo di sentirsi perfettamente integrato nei più differenti contesti (questa volta il Nord Italia), sia pure un po’ sorpreso dai risvolti che un diverso contesto antropologico gli oppone. Parlando del suo Villalta, Cappelli molto ironicamente si sofferma, ad esempio, sui costumi delle vedove settentrionali e della loro troppo veloce elaborazione del lutto. E poi continua sugli ingredienti di un carnoso e carnale pacchero senza svelarcene, e fa bene, più di tanto gli ingrdienti. Insomma, anche come affabulatore e presentatore dei suoi libri Cappelli ci sembra uno scrittore ormai perfettamente padrone di un futuro che sembra lanciato verso traguardi di grande soddisfazione. Che gli auguriamo.

Contrariamente a quanto successo a Torino, non abbiamo, invece, troppa voglia di indignarci per l’ennesimo vuoto lasciato dalle istituzioni lucane alla Fiera della piccola e media editoria, stavolta lasciata orfana anche dell’attivismo del Consiglio regionale, che negli anni scorsi a Roma, nella promozione della nostra editoria, si era pure prodigato. Problemi di bilancio? Forse. Velenosi dissapori tra Consiglio e Regione? Gira voce. La scelta (sorprendente quanto spiazzante) di preferire la kermesse torinese in luogo di quella romana? Ma a pro di chi? Si mormora di associazioni culturali di lucani presenti in Piemonte. Comunque non certo in pro degli editori, ancora abbastanza diffidenti per organizzarsi insieme e in autonomia. E, del resto, a rimetterci sono stati proprio questi ultimi, cioè proprio chi, a Torino, con più ardore aveva difeso dalle critiche l’operato del Consiglio. Di cosa parlare, allora, se non dell’insostenibile peso della gratitudine? Tuttavia, al di là degli affari e del sostegno istituzionale, l’editoria lucana, anche per propri limiti, si presenta sostanzialmente tagliata fuori da ogni benefica vicinanza con editori di altra estrazione editoriale e provenienza geografica, nonché da ogni genere di visibilità. Il che, oggi, ha il suo peso.

Alla fine usciamo sotto un cielo mutato. Ma la pioggia a scrosci è una metafora che non ci appartiene se non per il rammarico. Singhiozzi e lacrime troppo poco credibili per essere con certezza creduti.

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La rassegna in cifre

Boom di visite e vendite

Si è  appena chiusa a Roma la manifestazione “Più Libri Più Liberi”, Fiera (in qualche modo anche festa) della piccola e media editoria italiana. Complice il lungo ponte dell’Immacolata, la mostra mercato si è allungata di un giorno rispetto al solito, prolungandosi dal 5 all’8 di dicembre. L’evento era chiamato a un’attesa conferma o smentita di alcune tendenze che, a cominciare dalla seconda metà dello scorso anno, avevano coinvolto il settore. I dati hanno però sgomberato il campo da ogni preoccupazione soverchia, anche se molti dati di fondo rimangono per alcuni versi ancora da chiarire.

I visitatori, ad esempio, sono stati oltre 55.000 con un incremento di oltre il 10% rispetto alla scorsa edizione e con un giro di vendita agli stand che ha fatto segnare un più 20%. Un successo che Enrico Iacometti, Presidente del Gruppo dei piccoli editori dell’AIE, ha così commentato: “massima soddisfazione per gli ottimi risultati di affluenza e vendita malgrado le difficoltà oggettive date dallo spazio e dalla crisi economica; dati che hanno superato i risultati già molto positivi della scorsa edizione. La maggior parte dei piccoli e medi editori ha dichiarato che Più libri più liberi dal punto di vista delle vendite è la manifestazione di gran lunga migliore rispetto agli altri eventi legati al libro in campo nazionale”. Obiettivo degli organizzatori è ora quello di “risolvere il problema di oltre 100 editori che a oggi vorrebbero partecipare alla Fiera ma non possono per problemi di spazio”.

Oltre a proporre interessanti dibattiti sulla promozione della lettura, sulle previsioni di vendita di piccola e grande editoria, sull’aumento delle traduzioni dall’italiano all’estero, la Fiera “Più Libri Più Liberi” pare però, metodologicamente, far propri i migliori atteggiamenti dei piccoli editori di ricerca. Spesso, cioè, anticipando le tendenze future di mercato.

Non a caso, in tal senso, la Fiera ha proposto due interessanti spazi. Il primo, nello spazio DigItal Cafè, dedicato agli ebook di nuova generazione (ma altrove non sono mancati anche gli audiolibri). Strumenti tecnologici capaci di contenere con pochissimo ingombro centinaia di libri, hanno, dei ritrovati più recenti della tecnica, anche l’innegabile fascino. Ne abbiamo provati della Bookeen, della Amazon Kindle, della Bebook, Foxit e altri, sicuramente tutti insieme capaci di essere in futuro una valida alternativa alla carta stampata. Risolti oggi i problemi di retroilluminazione (che incidono sull’affaticamento degli occhi) e, parzialmente, quelli della gestione della sottolineatura, degli appunti e delle illustrazioni (rimangono sempre in bianco e nero e non ad alta definizione) sono oggi proposti in una fascia media di prezzo che varia dai 200 ai 6-700 euro.

L’atro spazio è stato dedicato alla lettura dei più giovani. Una scelta sensatissima se pensiamo che la lettura e la cultura del libro potrà salvarsi solo attraverso grandi investimenti, non solo di danaro, sui giovani. Allo spazio ragazzi non hanno mai smesso di succedersi presentazioni di fiabe, romanzi, racconti, persino poesia con un continuo afflusso di giovani e scolaresche fatte oggetto anche di dibattiti molto interessanti intorno allo specifico tema. E pensare che molti giovani che oggi approdano all’università, sono dati del Censis, scoprono di non essere capaci di scrivere non solo in un decente italiano, ma anche (e la cosa inquieta molto di più) di narrare, cioè di strutturare (strutturandosi) logicamente un discorso di qualsiasi disciplina sia umanistica che scientifica.

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Written by antoniocelano

marzo 12, 2010 at 8:15 am