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Poesia dell’uomo cavallo
I.
Fui figlio dell’ocra
bagliore potente
gesto su pietra
eco impazzita
Fui buio stupore
fervida corsa
tremore imprendibile
che innerva la terra
Fui ritmo del ferro
forgiato nell’ira del braccio
metallo incudine
martello sudore
Fui brace e scintilla
falena di mantice
colui che procede nel vento.
Fui lancia infallibile
carro di sangue
tempesta incessante
mosche tafàni alata locusta
Fui Saushshatar l’urrita
l’uomo ippomorfo
e il Dio
Washshukkani la grande capitale
tra i monti di Zagros
e a Sud del Van
prima del crollo
II.
Consideravo allora stelle
sparpagliate come dadi
consideravo oroscopi
interrogavo eclissi di sole
cifre oscure di morte.
Sciamane malvagie
ruminavano erbe e bestemmia.
Pure, ricordo le sere dissolte
la liquida luna nell’Eufrate
l’acqua che scorre appena nei guadi
il soffio di froge
che spazza i grani del tempo.
Donna, allora ero un vento
che osava raggiungerti
fecondarti in un sogno
come spore di pioppo.