I: Imprenditore
L’imprenditore-editore guarda a destra, poi a sinistra. Tace. L’imprenditore-editore piega il viso: la cravatta poggiata su un poco di pancetta, il ricamo enigmatico delle iniziali. Alza la testa, dice: «E questo è quanto. Per cui, per ora, nessuna novità. Dobbiamo aspettare le banche». Si stringe nelle spalle.
E all’improvviso la giacca di buon taglio dietro la scrivania in radica, l’Ardengo Soffici appeso alle sue spalle, la foto mentre stringe il padre nel segno della famiglia e della continuità, perfino il mappamondo illuminato con tutti i fusi orari, stridono. Stridono e contrastano con i nostri maglioni e pantaloni di mercato, con le unghie laccate delle amministrative, con gli sguardi di sottecchi dei sindacalisti, con i volti contratti delle rappresentanze tutte, riunite al capezzale dell’azienda.
Stridono e paiono cose aliene che irridono il quarto stipendio d’arretrato, le ombre dei colleghi in Cig straordinaria, la caldaia rotta che ha tenuto per la stagione fredda tutti coi cappotti e fosse solo quello. Stridono, contrastano, irridono, ma solo per un momento, ché tutto pare ghiacciato via da un silenzio talmente cristallino e trasparente che risucchia d’un tratto il brusio del traffico impazzito a cinquecento metri di distanza, e satura la stanza dell’ora di chiusura degli uffici.
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